venerdì 5 gennaio 2001

Ti darò la punizione che meriti

Andrea Pirlo
Regia d'autore

Per lui ogni partita è un film. Il regista del Milan e della Nazionale dirige con calma vita e gioco

Quando iniziamo a parlare sembra quasi intimidito. Lui, “il leader silenzioso che parla con i piedi”, così definito da Marcello Lippi, preferisce dar voce ai fatti. In campo succede proprio questo: zitto zitto, taglia e cuce le trame del Milan e della Nazionale. Poi però si scioglie e scopri che Andrea Pirlo, professione calciatore con vocazione da regista, ama farsi anche più di due chiacchere. Quel che stupisce è la soavità con cui ti parla. Il disincanto con cui “punisce” i portieri avversari: sui calci da fermo Pirlo è spietato. E quando si appresta a calciare dal limite dell'area, i portieri fanno gli scongiuri, spesso inutilmente. Allora capisci perché è meglio non fidarsi troppo dei tipi apparentemente calmi.
Andrea, raccontaci le tue parabole.
"Ho studiato attentamente le punizioni di Juninho Pernambucano del Lione, che calcia in maniera molto particolare. Ci sono volute tantissime prove in allenamento e tutt’ora cerco di perfezionarmi, partita dopo partita. Pare che funzioni… Le punizioni sono diventate la mia specialità."
La più bella?
"Mi viene in mente quello realizzato da 25 metri contro lo Shalke 04 nel dicembre 2005, che ci permise di superare il girone eliminatorio di Champions League. Un gol forse non particolarmente bello ma estremamente importante è il rigore battuto contro la Francia nella finale di Berlino. Su azione invece scelgo la rete contro il Ghana, che è anche stato il primo segnato dall’Italia ai Mondiali tedeschi."
Fai gol (più di 50 tra campionato, coppe e Nazionale) e soprattutto fai fare gol: sei affezionato ad un assist in particolare?
"Di assist ne ho fatti tanti e far segnare un compagno è una bellissima soddisfazione per me. Indimenticabile è Il tocco di piatto destro per Fabio Grosso nella semifinale Italia-Germania: metterla in mezzo al proprio compagno in area, all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare, non era affatto semplice. Fabio è stato bravissimo a capitalizzare il mio passaggio mantenendo sangue freddo, nonostante la tensione fosse altissima."
Giochi alla playstation? Dagli assist che servi col contagiri ai tuoi compagni intuiamo di sì, visto che al posto dei piedi sembra tu abbia due joystick…
"Sono un appassionato, ci gioco sempre con Alessandro Nesta. Siamo compagni di camera da sette anni e le nostre sfide durante i ritiri sono infinite. Vince di più lui, ma gli do filo da torcere. Ed è sempre Milan-Juventus: Ale sceglie la Juve, io il Milan. E ovviamente mi metto titolare fisso."
Agosto 2002. Arrivano Seedorf e Rivaldo. C’è già Rui Costa, approdato con te in rossonero l’estate precedente. Un esubero di fantasisti. Ma Ancelotti un posticino in campo te la trova lo stesso: dalla trequarti ti arretra di qualche metro, dandoti accomodare la cabina di regia del centrocampo. E’ stato il passo indietro più importante della tua carriera?
"Indubbiamente. Fu una soluzione che trovammo insieme in occasione del Trofeo Luigi Berlusconi: il mister mi chiese se me la sentissi di scalare sulla linea mediana, visto che in quella posizione avevo già giocato al Brescia la stagione precedente. Io ho risposto subito di sì, ma all’inizio era un esperimento, una scommessa."
E la scommessa l’avete vinta dato che da lì non ti muove più nessuno. Al Milan Ancelotti ti ha perfezionato, al Brescia Mazzone ti ha svezzato mettendoti vicino un certo Roby Baggio…
"E’ stato il mio idolo fin da quando ero bambino: giocare con lui era un sogno. Ebbi già la possibilità di conoscerlo all’Inter. Con la differenza che a Milano lo vedevo dalla panchina, al Brescia ero al suo fianco in campo…"
A proposito. Se per quattro anni sei stato il leader indiscusso della Nazionale Under 21, all’Inter sei stato solo una comparsa. Eppure in entrambi i casi il tecnico era Marco Tardelli. Sembra che l’esperienza sull’altra sponda del Naviglio non ti sia ancora andata giù...
"Ero giovane, avevo una gran voglia di dimostrare quello che valevo, sapevo che potevo dire la mia anche se in punta di piedi. Invece Tardelli, mio ct dell’Under e in quel periodo allenatore dell’Inter, preferì affidarsi a nomi più importanti lasciandomi poco spazio. E’ stato il momento più brutto della mia carriera."
E il momento più bello?
"Due momenti: la vittoria mondiale nel 2006 e la Champions conquistata contro la Juventus a Manchester nel 2003."
Il Pirlo-chiavi del gioco in mano, oltre a dettare i tempi, è bravo anche ad interdire senza essere irruente. Sei come l’acqua calma che seda la corrente impetuosa. Non vai mai sopra le righe. Come fai ad essere sempre così pacato?
"Sono convinto che la tranquillità non te la insegna nessuno, è una dote naturale. Io sono tranquillo in ogni momento della mia vita e questa qualità riesco a rispecchiarla anche sul terreno di gioco, dove non cerco mai lo scontro fisico con l’avversario ma di rubare palla o di intercettare il passaggio per far ripartire subito l’azione. Poi al resto ci pensano Ambrosini e Gattuso, due che mordono le caviglie."
I tuoi prossimi obiettivi?

"Quarto posto in campionato, finale di Champions League a Mosca ed Europeo in Austria-Svizzera."
A proposito di Nazionale. Sei stato il punto fermo dell’Italia di Lippi, sei il punto fermo dell’Italia di Donadoni, saresti il punto fermo persino del Brasile di Dunga che ti considera brasiliano per tecnica e fantasia. Ma con Kakà, Ronaldo e Pato là davanti, non ti sembra di giocare nella Selecao?
"Lusingato dai complimenti di un grandissimo commissario tecnico come Dunga che quando era giocatore ricopriva il mio stesso ruolo. In effetti il Milan, con otto brasiliani, somiglia alla nazionale carioca. Ma io sono orgoglioso di essere italiano, di aver fatto parte del gruppo campione del mondo e di poter tentare il double Mondiale-Europeo."
Kakà Pallone d’oro. Strameritato. Però se fosse stato dato a te, nessuno avrebbe gridato allo scandalo perché nel tuo ruolo sei il migliore al mondo. Sarà per la prossima volta?
"Magari facendo bene agli Europei, perché no?"
Qual è stato “il tuo miglior nemico”?
"Il centrocampista Edgar Davids, quando militava nella Juventus. Faceva paura. Sembrava un carrarmato. Peccato che al Milan non abbia avuto fortuna."
Non si direbbe, invece nello spogliatoio gira voce che sei un gran burlone.
"Con chi conosco bene mi lascio andare e ho sempre la battuta pronta. Mi diverto a fare un sacco di scherzi in coppia con Nesta e le nostre vittime preferite sono Gattuso e Brocchi. Alessandro ed io siamo sempre insieme, ci frequentiamo anche fuori, perché abbiamo due caratteri molto simili, riservati. Però in spogliatoio, che risate!"
E allora chi è il vero Andrea Pirlo?
"Una persona tranquilla che alla discoteca preferisce una serata in famiglia. Un ragazzo che vuole stare al suo posto e non sopporta nessuna di forma di eccesso."
Ora scegli: cravatta o senza?
"Cravatta, la porto spesso."
Casual o classico?
"Classico. Con camicia, giacca, pantalone, scarpa elegante. E sono un grande appassionato di moda."
Ristorante o happy hour?
"Ristorante: si sta seduti e soprattutto si mangia di più."
Il tuo genere musicale?
"R&b, pop e musica leggera italiana. Come la maggior parte dei miei compagni, ascolto l’Ipod, il mio immancabile compagno di viaggio in pullman prima di ogni gara."
Libro o film?
"Assolutamente film."
Faresti l’attore?
"Non ci ho mai pensato. Ma più che fare una parte farei un film. Da buon regista…"
Toglietemi tutto, ma non…
"La pasta! La mangio tutti i giorni."
Cosa cerchi in una donna?
"La tranquillità. E l’ho trovata in mia moglie Deborah. Una donna che sa stare al suo posto e non ama apparire. Proprio come me."


Scopri i suoi amori

(articolo pubblicato su Maxim - marzo 08)

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