
Dal 2006 al 2008, mentre la moglie Kristen faceva shopping per le vie di Londra e il figlio Jordan masticava le sue prime parole in inglese, Andriy raccimolava la miseria di 13 gol tra Premier e Champions. Del resto, con lo schema a un'unica punta e con un Drogba da non sfiorare nemmeno con un dito, a Sheva non rimaneva altro che giocare alla playstation. E pensare che al Milan segnava a raffica come nel più facile dei videogiochi: alla prima stagione in rossonero (99-2000), reduce dagli anni duri ma splendidi di Lobanovsky alla Dinamo Kiev, si laurea capocannoniere con 24 gol e continua sulla via maestra fino a conquistare Pallone d'oro (nel 2004) e, con 173 gol, titolo di secondo miglior marcatore nella storia rossonera dietro a Nordahl. Leggendario. Come leggendari i suoi occhi da cerbiatto che ipnotizzano Buffon all'ultimo, decisivo, rigore della finale di Manchester del 2003.
Con Ancelotti, tra screzi e musi più o meno lunghi, vince tutto. Ma la passione si affievolisce lentamente. E' ora di cambiare. Abramovich lo tenta, eccome se lo tenta, con quell'imbarazzante stipendio di 9 milioni di euro. Come dire di no. L'affare si fa, è l'estate del 2006. e nelle casse rossonere arrivano 45 milioni in un'unica dose. Così Sheva va a Stamford Bridge. La curva milanista gli dà del traditore. Lui non fa nulla per smentirla, tanto che al suo primo centro inglese sbaciucchia la sua nuova maglia. Ma da quel giorno niente più baci. Adesso la casacca blu vorrebbe togliersela di dosso il prima possibile.
(srv Calciomercato dell'8 luglio 08)
Nessun commento:
Posta un commento