giovedì 4 gennaio 2007

L'onorevole erede di Mike

Gerry Scotti, pseudonimo di Virginio Scotti, è nato a Miradolo Terme il 7 agosto 1956. Tra i programmi da lui condotti: Chi vuol essere milionario?, Passaparola, La corrida e Smile. Si è occupato anche di politica: nel 1987 Scotti fu eletto deputato nelle file del Partito Socialista Italiano, allora guidato da Bettino Craxi. Viene Considerato l'erede di Mike Bongiorno. Ha inoltre recitato in due sit-com televisive, Io e la mamma con Delia Scala e Finalmente soli con Maria Amelia Monti, e in due fiction televisive assieme a Lino Banfi, Il mio amico Babbo Natale e Il mio amico Babbo Natale 2.

Testimoni e testimonial: Gerry Scotti

Accendiamo un sorriso

“Sorriso”. E’ la tua risposta definitiva? La accendiamo? Accendiamola. Risposta esatta. Suvvia, la sapeva anche un bambino. Sì, perché bambino è sinonimo di sorriso. Perché un bambino dovrebbe solo sorridere, giocare. Vivere la sua infanzia ingenua e genuina. Invece no. Tanti, troppi bambini darebbero una risposta errata, diversa da “sorriso”. Perché non sanno cosa significa questa parola semplice semplice. Molti bambini in Italia però sorridono a vedere il suo pancione di cui va autoironicamente fiero. Lui piace ai bambini. Simpatico, buffo, con quel vocione da Babbo Natale: Gerry Scotti non è solo il papà di Chi vuol essere milionario o di Passaparola. Gerry Scotti è un po’ il papà di tutti i bambini, che s’incollano davanti alla tv ed esclamano indicando con il dito verso lo schermo: “guarda mamma, quello è il grande Gerry!”. In effetti, a guardarlo, il Gerry nazionale assomiglia un po’ ad un personaggio di un cartone animato. E al mondo fanciullesco, fatto di fantasia ma purtroppo anche di speranze negate, Scotti è molto vicino. Lui un figlio ce l’ha, Edoardo. Ed è un figlio fortunato. Partendo proprio dal suo Edoardo, Gerry ha capito che tutti i figli del mondo dovrebbero avere la possibilità di essere felici.

In considerazione dei tanti, terribili problemi di molti bambini, ho cresciuto Edoardo alla scuola del non-privilegio - racconta Scotti - sa che ci sono tanti vantaggi ad avere un padre di successo, e per questo voglio che abbia gli occhi aperti su altre realtà. Gli racconto le mie visite negli ospedali dove c’è chi lotta per la vita. Altro che il giocattolo nuovo! E sono fiero che abbia sviluppato una grande sensibilità verso coetanei meno fortunati”. Dal 2003, anno della fondazione, Gerry Scotti è il prinicipale testimone-testimonial de La fabbrica del sorriso, iniziativa di solidarietà promossa da Mediafriends Onlus il cui obiettivo è raccogliere fondi a sostegno di Associazioni Onlus che operano in Italia e all’estero a favore dei bambini meno fortunati. Grazie alla generosità dei telespettatori, La fabbrica del sorriso ha raccolto in questi anni oltre 19 milioni di euro che sono stati destinati alla realizzazione di più di 50 progetti. Assistenza sociale, sanitaria e socio-sanitaria, beneficenza e istruzione e formazione: questi gli obiettivi de La fabbrica, che ha raggiunto i risultati previsti in agenda, tra cui l’incremento di équipe chirurgiche volanti (i “flying doctors”) per interventi d’emergenza nel Terzo Mondo: "Quest’anno gli enti beneficiari sono aumentati – sottolinea Scotti - c’è una “mappazza” di nomi che non finisce più! A parte gli scherzi, sono tutti affidabili, come il comitato che li ha selezionati”.

L’intento de La fabbrica del sorriso è operare a favore dei piccoli malati ristrutturando reparti di pediatria o creando nuove strutture, allestendo ambienti a misura dei piccoli affetti da disturbi dello sviluppo, offrendo assistenza medica e strutture scolastiche accessibili in Paesi sottosviluppati come Asia, Africa e Sudamerica, sostenendo la ricerca su malattie come la sclerodermia, fornendo interventi cardiochirurgici e di chirurgia plastica ricostruttiva nei Paesi d’origine dei malati e realizzando presto un ospedale aereo per interventi in volo. La fabbrica del sorriso è, come dice il nome, divertimento. E le puntate che ogni anno vanno in onda nel periodo di settembre si svolgono al Teatro Ventaglio Nazionale di Milano. A condurre, ovviamente, Gerry Scotti: “Regalare un po’ di divertimento è un bel modo per accompagnare la raccolta di denaro”. E chiarendo la sua posizione a proposito della beneficenza: “Prendo come regola le parole del Vangelo, ama il prossimo tuo, intendendo per prossimo anche chi ci sta davvero vicino, che potrebbe essere la pensionata del piano di sotto che non riesce ad arrivare a fine mese… In quanto signor Virginio Scotti, sono per il gesto di solidarietà fatto in silenzio, di cui parlo soltanto con mio figlio. Come Gerry Scotti, invece, cioè come personaggio pubblico, mi presto con gioia e con orgoglio a fare da “uomo-sandwich” a iniziative come questa”.

La beneficenza è serenità dell’anima. Per questo “se si riesce a farlo sorridendo, regalando momenti di allegria assieme a quelli di riflessione, tanto meglio: c’è già troppa televisione fatta di musi lunghi”. La risposta a questi musi lunghi? “Sorriso” è quella esatta. Accendiamola allora. E passate parola.

(articolo pubblicato su Teatri delle Diversità - gennaio 08)

mercoledì 3 gennaio 2007

La pena di morte sta lentamente morendo

Stop ai boia. Che cambino mestiere. Così New York ha dato i numeri. Perché la pazzia dell’uomo sembra dirigersi, finalmente, verso il tramonto. 99 voti a favore, 52 contrari e 33 astensioni. Il 15 novembre scorso la terza commissione delle Nazioni Unite ha approvato la Risoluzione sulla moratoria della pena di morte. Per una volta, dobbiamo essere orgogliosi di noi stessi e della nostra tenacia (mica siamo solo bamboccioni!): chi ha voluto fortemente il passaggio del testo è stata l'Italia, che da ben 13 anni conduce la battaglia per la moratoria. I tre precedenti tentativi, nel 1994, nel 1999 e nel 2003, erano falliti. Ma chi la dura la vince. Così la risoluzione L29, presentata da Nuova Zelanda e Brasile, è stata depositata presso la Terza Commissione con l’inizio delle procedure di voto e con l'esame degli emendamenti.

Il testo, che ha ottenuto due voti in più della maggioranza richiesta dei 97 necessari per raggiungere la maggioranza assoluta e che ora si trova sotto esame dell’Assemblea generale (dove dovrebbe essere votata entro la metà di dicembre), chiede «la moratoria delle esecuzioni in vista della loro abolizione» e fa appello agli Stati che applicano la pena capitale a «ridurne progressivamente» l'uso e «il numero di delitti per i quali può essere imposta». Con un rinvio ai principi della carta delle Nazioni Unite e «richiamando» la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, la risoluzione chiede al segretario generale Ban Ki-moon di far rapporto sulla sua attuazione alla 63esima Assemblea Generale che si aprirà a New York nel settembre 2008. La risoluzione non è un documento vincolante, ma ha forte peso morale, tant'è che per due volte, nel 1994 e nel 1999, i Paesi del partito della pena di morte sono riusciti a far deragliare iniziative analoghe spaccando la coesione europea.

88 sono i paesi che fino ad oggi hanno abolito l’estrema esecuzione per tutti i reati. 11 si sono riservati solo la possibilità di applicarla per motivi eccezionali (soprattutto in tempo di guerra). 30 ne aggiunge Amnesty International: sono gli stati “abolizionisti di fatto”, così definiti in quanto negli dieci ultimi anni non hanno eseguito nessuna sentenza capitale, anche se prevista dalla loro legislazione. Secondo Robert Badinter, ministro della giustizia ai tempi dell'eliminazione della ghigliottina in Francia nel 1981, uno dei successi della battaglia abolizionista è stata l'istituzione della Corte penale internazionale, che rifiuta il patibolo. Che continua invece ad essere applicato in 68 paesi, tra cui la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone, l'India e la maggior parte degli stati del Medio Oriente. Sempre Amnesty international rileva che almeno 2.148 prigionieri sono stati giustiziati in 22 paesi nel 2006 e 5.186 persone sono state condannate a morte. Si tratta di cifre sottostimate, poiché i paesi con il più elevato numero di esecuzioni, come la Cina, l'Iran o l'Arabia Saudita, occultano segretamente queste cifre agghiaccianti. Le aree in cui vengono emesse più sentenze di morte sono gli Stati Uniti, il Medio Oriente e l'Asia. La Cambogia, il Nepal e le Filippine sono gli unici paesi asiatici ad aver soppresso la pena capitale. Nell'ultimo decennio non è mai stata applicata né nello Sri Lanka né in Birmania (dove però è in corso un altro tipo di eliminazione dopo le ferree disposizioni del presidente Musharraf). E' però ancora in vigore nei due principali stati democratici del continente, India e Giappone.

Le esecuzioni brutalizzano tanto chi è coinvolto nel processo quanto la società che le mette in atto. Da nessuna parte viene dimostrato che la pena di morte riduca il crimine o la violenza politica. Paese dopo Paese, è usata, in modo sproporzionato, contro i poveri o contro le minoranze etniche. È frequentemente adoperata come strumento di repressione politica. È imposta e inflitta in modo arbitrario. È un castigo irrevocabile che ha come inevitabile conseguenza l'uccisione di persone spesso innocenti.

Ora si attende il voto definitivo da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu. Stop alla vendetta capitale, stop all’ultima ingiustizia: l’Italia è fiduciosa. Sarà una vittoria umanitaria che potremo sentire nostra.

(articolo pubblicato su All'ombra del Rodes - dicembre 07)

lunedì 1 gennaio 2007

Rino o Ringhio è sempre lui

Gennaro Ivan Gattuso è nato a Corigliano Calabro il 9 gennaio 1978. Dal ’99 gioca nel Milan, con cui ha vinto uno scudetto, due Champions League, due Supercoppe europee, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Titolare della Nazionale italiana (con la quale ha debuttato nel 2000), è diventato Campione del Mondo ai Mondiali di Germania 2006. Ha militato anche in Perugia, Glasgow Rangers e Salernitana. Centrocampista incontrista e di sostanza, fa dell’ardore agonistico e della esistenza atletica le sue armi migliori, tanto da essere stato soprannominato “Ringhio”. Gli amici lo chiamano più affettuosamente “Rino”.

Testimoni e testimonial: Gennaro Gattuso

La Calabria nel cuore

Ci perdoni Ligabue se per una volta non prendiamo spunto dalla sua famosa canzone Una vita da mediano: per raccontare la carriera di questo giocatore non ci sarebbe titolo più azzeccato. Ma siccome in molti, troppi, citano questo brano per parlare di qualunque centrocampista, che si mette umilmente al servizio della squadra, che morde le caviglie agli avversari, che cattura palloni mettendoci la gamba, insomma che si fa un mazzo così ad ogni partita senza magari ricevere gli applausi che merita (perché il suo è lavoro cosiddetto “oscuro”), stavolta noi ci staccheremo dal coro. Perché Gennaro Gattuso non è un centrocampista qualunque. Perché le sue giocate, seppur lontane da quelle talentuose di Kakà, strappano gli stessi applausi che piovono dagli spalti sul compagno brasiliano. Perché anche dopo il novantesimo minuto una standing-ovation se la meriterebbe ancora.

Battono le mani i ragazzi della Calabria. Quei ragazzi in difficoltà a cui Gattuso, tra un impegno calcistico e l’altro, pensa ogni giorno: dal 2003 presiede la Fondazione Forza Ragazzi Onlus, un’associazione creata per porgere un concreto sostegno, sociale ed economico, a ragazzi disagiati: “Mi sembra corretto fare qualcosa di importante – dice Gennaro, detto Gennarino o più semplicemente Rino - per i ragazzi meno fortunati di me per le persone che a mille chilometri di distanza da dove vivo, ma a centinaia di metri da dove sono nato e dove abitano ancora i miei, devono confrontarsi ogni giorno con le difficoltà e i problemi di chi vive in Calabria, in tutta la Calabria, non solo a Corigliano. E quindi è nata l’idea di fare qualcosa per loro. Non solamente strutture sportive e campi da gioco per i giovani, ma anche case famiglia per chi non si può permettere un tetto e tante altre cose ancora”.

L’obiettivo di questo progetto è “acquistare tutto il materiale necessario affinché i bambini possano essere accuditi al meglio, grazie anche al coinvolgimento di personale qualificato”. Ecco perché “una vita da mediano” sarebbe riduttiva: la vita di Rino è una vita da nostalgico. Una vita di chi ai ricordi è indissolubilmente legato. Lui, nato e cresciuto sulla marina ionica di Corigliano a Schiavonea, dove papà Franco lo allenava facendolo andare di corsa su e giù per le scale di casa, non poteva dimenticare chi non ha avuto la sua stessa fortuna: “Io vengo da una situazione difficile e so cosa vuol dire, so cosa significa. Non bisogna dimenticare le origini. Adesso che ho la possibilità di aiutare la mia gente, che la vita mi ha dato tanto, tanto voglio fare io attraverso questa Fondazione che offrirà tanti sorrisi ai calabresi”.

Dalle partite sulla spiaggia coi fusti della nafta come porte, alle colline di Perugia a soli 13 anni. Ai prati verdi della Scozia a 16 quando venne ingaggiato dai Glasgow Rangers, per poi rimpatriare a Salerno e spiccare il volo a Milano sponda rossonera. Scudetto, coppe, supercoppe. Più la Coppa del Mondo un anno fa. Eppure, dopo Berlino, Rino è rimasto quello di sempre, aglio olio e peperoncino, ovvero “uno che si emoziona per mille ricordi di quel mese straordinario, con più voglia e carica di prima, e che non scorda mai di essere partito da questa terra bella e difficile”. L’amore verso la sua Calabria è fedele, eterno. E sofferto. Perché trovare lavoro è dura quanto vincere tre Champions League di fila: “Per un ragazzo del Sud è meno dura di un tempo. Però io ho avuto la fortuna di una famiglia che mi ha permesso di partire a 13 anni, anche se mia mamma non mi voleva lasciare partire per Perugia e io prendevo a calci la casa. Se il Sud avesse più strutture, non sarebbe necessario partire”. Verso i ragazzi Rino sente molta responsabilità, anzi “moltissima. So che mi vogliono emulare. Quindi, prima di tutto dico che nella vita il successo, la ricchezza, il Rolex, l'auto di lusso non sono valori. E poi cerco di stare attento ai particolari: avevo detto che per la Champions mi sarei fatto biondo con l'orecchino. Beh, era una sciocchezza e se potessi, mi toglierei il tatuaggio sul braccio".

Per la Fondazione di Rino parlano i numeri: nel 2007 sono stati raccolti 477 mila euro, di cui 81 mila ricavati grazie alla vendita del merchandising ufficiale della fondazione e alle offerte; 140 mila da altri progetti speciali come il libro “In Rino Veritas”, che traccia una biografia dell’atleta attraverso parole ed immagini inedite e, infine, il contributo derivante dall’impegno diretto dello stesso Rino in attività pubblicitarie e apparizioni, per la cifra considerevole di 256 mila euro. Tra le prossime iniziative della Fondazione vi è in programma la costruzione di un Centro educativo e sportivo a Corigliano Calabro che verrà messo a disposizione gratuitamente alle associazioni di volontariato locale per offrire ai ragazzi spazi di attività ludiche ed educative durante la giornata.

E non finisce qui. Rino aprirà un'azienda di molluschi, provando a restituire alla sua terra parte della fortuna costruita in questi anni. Il taglio del nastro è previsto per il prossimo 27 dicembre sempre a Schiavonea. L'azienda si chiamerà “Gattuso & Catalano” e sarà destinata alla depurazione e all'allevamento dei molluschi. L'intenzione di Gennaro non è quella di alimentare i propri profitti diversificando le attività, piuttosto quella di investire sulla gente di Calabria, dando una opportunità ai concittadini più giovani e disoccupati: “Era diverso tempo che, con la mia famiglia stavamo valutando la possibilità di mettere su un insediamento produttivo, un' attività industriale che in maniera concreta contribuisse a dare sollievo alla disoccupazione che rappresenta un problema atavico per Corigliano e per tutto il comprensorio. Con la Fondazione abbiamo ottenuto risultati di grandi rilievo aiutando le persone disagiate. Adesso a questo insostituibile strumento di solidarietà, abbiamo deciso di affiancare un' attività commerciale che dia lavoro così da stimolare il tessuto economico del comprensorio”.

Proprio come in campo, “Gattuso-quattro polmoni” abbassa la testa e non si ferma mai. Per questo la sua non è una vita solo da mediano: per la sua adorata Calabria Rino sgobba e suda oltre la linea del centrocampo.

(articolo pubblicato su Teatri delle Diversità - gennaio 08)