martedì 27 maggio 2008

Una lettera da San Vittore


Al di qua di un cancello. Ma libera di pensarla come vuole

Chi sta dentro un carcere da qualche anno, come me, vede con un’ottica particolare i problemi del “fuori”. Ma quando toccano argomenti che ci riguardano, anche indirettamente, vorremmo poter dire la nostra. Ecco allora che sue due questioni una generale (i cosiddetti reati di clandestinità), e una specifica, il “caso” Franzoni, che sui giornali occupano quasi lo stesso spazio, vorrei fare due osservazioni e una proposta.

La prima osservazione: a chi propone di costruire nuove carceri, vorrei far presente che i tempi burocratici e i tirainlungo dei politici occuperebbero un arco di tempo, di cinque, sei, sette anni, prima di veder agibile una nuova costruzione. E per allora vorrei sperare che il problema, comunque, sia risolto, risparmiando milioni e fruttuosi appalti agli amici degli amici.

La seconda osservazione: per quante altre madri, in carcere, innocenti o colpevoli che siano, possono valere gli stessi argomenti che vengono avanzati per la Franzoni per la richiesta della “Grazia”? Se il caso Franzoni, ingigantito dai media (che hanno perduto, irresponsabilmente il senso della misura per ragioni sulle quali non si è finito ancora di discutere) merita una specifica attenzione, per restituirla ai due figli ( non potendola restituire a Samuele), faccio, provocatoriamente una proposta: in Italia ci sono nelle carceri circa duemila donne: se a ciascuna di noi venisse allungata la pena di due giorni, i 4745 giorni che la Franzoni deve scontare, sarebbero “pagati” da una sottoscrizione collettiva di detenute.

Poiché di idee strambe, che diventano legge, ne circolano molte, magari qualcuno potrebbe essere invogliato a prendere in considerazione la mia.

P.A.

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