venerdì 30 novembre 2007

"Across the universe": più che un film, un musical

Gli anni '60 in America sopra le note dei Beatles

Iniziamo dalla fine. Jude dal tetto di un edificio di New York City afferra il microfono. Canta All I need is love. In cima al palazzo di fronte c'è la sua Lucy. L'amore ritrovato. La pace riconquistata. E il vuoto tra i due edifici non c'è più. I Beatles come colonna sonora costante del film. Così costante che ti verrebbe da dire più musical che film. E dici giusto. Perchè le canzoni dei ragazzi di Liverpool accompagnano per tre quarti della pellicola le voci di Jude, Lucy e di tutti gli altri personaggi. Hai davvero l'impressione di non essere al cinema ma a teatro. La storia è frastagliata dalle parti musicate. Alcune, anzi molte di queste, durano minuti eterni. Una videoclip dagli elevati contorni estetici. Un quadro simbolista tutto da interpretare col ciglio da critico d'arte.

Dove sta il film allora? Contenuti banali, storie scontate. Ma il difficile è proprio raccontare il semplice. Come una classica storia d'amore, quella tra Jude e Lucy, che rischiava di spezzarsi per il solito immancabile motivo della gelosia. Ma l'amore sta sullo sfondo delle tematiche a stelle e striscie anni '60: la guerra in Vietnam da una parte, la rivoluzione radical-pacifista dall'altra. Tutto visto con un occhio pop. E non politico. Aggiungiamoci meno male, per una volta.

Finiamo con l'inzio. Con le case della Liverpool popolare e i loro mattoni color porpora. E' un rosso più tenue rispetto a quello folgorante che scorrerà laggiù in Vietnam e dal pannello di fragole realizzato da Jude. E' il rosso vivo della morte. E' il rosso mortale del sangue bellico. Ma anche il rosso passionale dell'amore. Tutto ciò di cui Jude ha bisogno.

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