mercoledì 10 ottobre 2007

Mario Renato Capecchi: se il topino porta Nobel e salute

L'Italia apra sulle staminali embrionali: sono la via per combattere il cancro

Quando il dente da latte cade, sul letto spunta all’improvviso un topolino con in bocca una moneta che lascerà sotto il cuscino: il bimbo ha un molare o un incisivo in meno (che comunque rispunterà presto) ma un regalo in più. Lunedì 8 ottobre 2007 nel letto di Mario Renato Capecchi si è intrufolato un topo svedese con in bocca però non un soldino bensì il Premio Nobel per la medicina: capita che ci si scambi onorificenze fra colleghi. Sì, perché con i topi l’italo-americano Capecchi nel suo laboratorio ci lavora ogni giorno, come uno stilista con le top model. Ma in nome della ricerca scientifica. Così topi transgenici diventano modelli su cui studiare le malattie umane.
Una vita interamente dedicata a tagliare i geni di cellule staminali embrionali, a usarle per creare topi geneticamente modificati e a studiare l’origine di malattie come l’Alzheimer e il cancro: l’Accademia svedese delle scienze di Stoccolma ha premiato la sua dedizione alla causa dell’ingegneria genetica con il più alto riconoscimento, condiviso con l’inglese Martin Evans e l’americano Oliver Smithies.

Il Nobel per la medicina assegnato al settantenne Capecchi (il sesto italiano a riceverlo dopo Golgi, Bovet, Luri, Dulbecco e la Montalcini) è un elogio a chi è finalmente riuscito a scoperchiare quello che per molti è un vaso di Pandora. Niente demoni invece. Perché le cellule staminali animali rappresentano la via maestra per combattere il cancro. Negli Stati Uniti, dove Capecchi lavora, queste ricerche (per le quali viene investito il 90% dei fondi) sono consentite nonostante Bush tenti invano di vietarle. In Italia guai a te: no secco. Con annessa classica strumentalizzazione politica da sinistra a destra. Se poi si parla di staminali umane, ecco che la fiamma divampa.

Tuttavia dal dibattito sull’impiego embrionale emerge che non vi è divisione solo fra sì e no: anche il sì ha le sue sfumature. Tra chi infatti ritiene siano sufficienti le sole staminali adulte per curare malattie gravi come tumori, l’Alzhaimer o il diabete, e chi sia necessario scommettere anche su quelle embrionali, s’interpongono i “mediani” secondo cui la ricerca sulle staminali embrionali sarebbe legittimata dall’utilizzo esclusivo degli gli embrioni in sovrannumero. Quelli destinati impietosamente alla spazzatura. Umberto Veronesi, oncologo ed ex-ministro, da anni sostiene che nei centri italiani esistono embrioni sovrannumerari prenotati alla morte e che invece sarebbero estremamente utili alla ricerca scientifica. La bioetica italiana si ravveda e pensi nelle singole situazioni concrete, aggiornandosi costantemente: i tempi cambiano. E forse è cambiata anche la favoletta del topino con il soldino in bocca. Oggi i topini portano il premio Nobel. E soprattutto la salute.
(articolo pubblicato su All'ombra del Rodes - ottobre 07)

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